Il vero Adel è arrivato oggi puntuale alle 14.30 e ha sistemato il motore (cambiata la girante e i filtri dell'olio e del gasolio con cambio d'olio). gli abbiamo raccontato dell'altro Adel e lui ne è rimasto (davvero) stupito: anche perché dice che di Adel ce ne sono pochi ad Hammamet. per tutto (pezzi di ricambio e lavoro) ci ha chiesto 500 dinari (e una birra). un costo accettabile.

Chiacchierando con lui abbiamo saputo che oggi arriva il Presidente Ben Alì che soggiorna nel palazzo davanti alla nostra barca. in porto ci sono infatti molti più poliziotti e controlli del solito. Ma Adel dice che non è detto che arrivi e ogni sabato preparano tutto perché "forse" ci sarà l'arrivo del Presidente e forse no.


Abbiamo fatto un giro in gommone all'interno del porto e ci hanno chiesto dove andavamo, ma molto gentilmente.

Per domani abbiamo fittato un'auto con cui andremo a Tunisi a ricevere i nipoti da Francoforte. L'idea è di mangiare a Sidi Bou Said all'Anphitrite, sul mare, dove già abbiamo mangiato l'anno scorso.  La sera arriva Davide con un volo da Roma. Abbiamo scoperto che la società di noleggio auto organizza dei trasporti speciali dall'aeroporto al Marina alla metà di quanto prende il nostro taxista di fiducia. Per cui abbiamo chiesto che vadano loro a prendere Davide. Lui si troverà davanti un cartello con scritto Yasmine Port e avrà un servizio d'auto individuale.

Tutti gli Adel di Hammamet

Questa mattina è successa una cosa buffa, un po' napoletana (con rispetto parlando). Eileen e Giulia sono andate a prendere soldi alla banca mentre io stavo in barca a fare piccoli lavori. Quando sono tornate hanno raccontato a me e Abdennour che scuoteva la testa più di me una storia incredibile (per quanto tipica). "All'uscita dal marina, ci hanno detto, abbiamo incontrato Adel... che tipo strano e insopportabile..." e ci hanno raccontato che uno le ha chiamate dicendo che era Adel e che stava lavorando alla nostra barca. Loro si sono presentate e gli hanno stretto la mano. Lui si è offerto di accompagnarle in banca a prendere i soldi e poi, in cambio di questo favore, le ha portate nel minisouk di sua madre dove lavorava suo fratello. Le ragazze sono andate e, sapendo che Adel per noi è molto prezioso, per non contrariarlo, hanno accettato di comprare una camicetta per Giulia, ma non altro, malgrado l'insistenza. Non hanno voluto prendere il té che gli era stato offerto, anche se rifiutarlo era "offendere" i proprietari e sono ritornate. "Strano, mi hanno detto, perché tu dicevi che Adel parlava bene italiano invece parlava molto male..." "ma com'era fatto, ho chiesto io?" "era uno un po' scuro e grosso". Spiegato l'equivoco: Adel è magro e di media statura. Nel dubbio gli abbiamo telefonato: ha promesso di passare a finire i lavori alle 14.30. Lì faremo un confronto diretto...

Lavori a bordo (fai da te)




Ieri sera ho preso il coraggio a due mani e ho smontato il motore del fuoribordo che si era bloccato. È stato un moto d’orgoglio pericoloso, ne sono consapevole. Ma mi seccava l’idea di essere completamente dipendente da Adel. Si tratta di un vecchio Tomos che ho comprato in Jugoslavia almeno 25 anni fa, semplicissimo (un solo cilindro, presa diretta, raffreddamento ad aria) che riparte tutti gli anni dopo qualche strappo deciso del cordone d’avviamento. Di solito lo monto direttamente sul tender e lo avvio: si suda un po’ ma alla fine parte sempre. Non quest’anno. Quest’anno il pistone si è bloccato nel cilindro (spero non arrugginito) e non c’è niente da tirare. L’ho lasciato una notte a bagno nel CRC, lo spray magico che a bordo aggiusta tutto o quasi tutto, ma il pistone è rimasto bloccato, segno che la cosa è più seria di quanto pensassi. Nel pomeriggio ho versato nella camera di scoppio del gasolio, senza ottenere alcun risultato.
Così ieri sera l’ho portato sulla banchina di cemento e ho iniziato (con molta precauzione) a smontarlo. Ho tolto la calotta di protezione e poi, con calma, i 4 dadi che tengono serrata la testa al corpo. Tolta la testa ho finalmente visto il pistone: sporco, arrugginito e immobile. L’ho irrorato ancora di CRC ma non si è mosso di un millimetro. A questo punto mi è venuta l’idea di dare alcune martellate (gentili) alla ruota del volano (che funge anche da ventilatore) e piano piano il pistone si è mosso. Ancora CRC e piccoli corpi fino a che la testa è salita del tutto e poi ridiscesa fino in fondo alla camera di combustione. A quel punto ho pulito la camera con della carta e fatto girare a mano il pistoncino molte volte. Poi l’ho irrorato del suo carburante (miscela al 4%) e lasciato riposare tutta la notte. Oggi la prova del fuoco. Mi piacerebbe poter dire a Adel:” il motorino l’ho aggiustato io, non c’è problema…” 
Vedremo.
Tomos 4 hp


Dice un proverbio marinaro: “meno cose ci sono a bordo, meno cose si rompono” ed è una sacrosanta verità. Per fortuna le cose a bordo non si rompono quasi mai tutte insieme ma a cicli omogenei: un anno le parti meccaniche, un anno quelle elettroniche, un anno quelle idrauliche, un anno quelle elettriche… Quest’anno tocca, pare, alla meccanica. Ma con un buon meccanico (o due) i problemi si risolveranno per il meglio. “Insc’Alla”, come dice Abdennour…
Quando si rompe la parte elettrica, con un po’ di usta (la parola ferrarese per attenzione, buon senso, intelligenza) si può fare da soli. Con la parte idraulica si può fare da soli, anche se la pulitura di un wc bloccato può non essere gradevole. Con l’elettronica sono dolori: in genere ci vuole uno specialista che arriva, dà un’occhiata e dice che bisogna cambiare tutto. In casi rari sono sciocchezze che si possono risolvere con un colpo di fortuna. Anni fa a Lipari, mangiando una pizza con Andrea, il mio compagno di viaggio di allora che ha sostituito magnificamente tutte le luci delle cabine a bordo e mi ha aiutato a montare il nuovo pilota automatico, mi è venuta un’intuizione improvvisa. Ho capito perché il pilota automatico non aveva funzionato e mi era toccato timonare (cosa che odio) per tutta la traversata tra Vibo Marina e Lipari. “Andrea, abbiamo invertito i fili elettrici che vanno al motorino del pilota!!!, ecco perché va sempre a fine corsa…” Siamo tornati a bordo, abbiamo cambiato la polarità  e da allora il nuovo pilota Raymarine  funziona perfettamente. Ma si tratta di fortuna.
In ogni caso, inutile tentare di smontare il compressore del frigo: al 90% si tratterà di ricaricare il gas.

Le barche, se funzionassero 12 mesi all’anno come le auto, andrebbero sempre e non si romperebbe nulla, perché sono fatte di materiali più robusti. Ma farle funzionare solo 3 settimane l’anno stronca qualsiasi meccanismo (o organismo) per perfetto e robusto che sia. Quel che c’è a bordo prima o poi si rompe. Aggiustare quel che si rompe fa parte della bella vita di bordo.


ore 13. il motore funziona!!! e pure il frigo!!!! (era solo un contatto elettrico sul compressore)

Donna Rosa

DR
Chi non avesse letto il blog dell'anno scorso (altrimenti basta scorrere l'elenco dei post all'indietro), deve sapere che Donna Rosa è un Grand Soleil 34 del 1980 (il numero 150 uscito dai cantieri del Pardo) con cui navighiamo (in famiglia e con amici) il Mediterraneo dal 1986. Nell'ordine: Corsica, Francia, Spagna, Sardegna, Campania, Sicilia, Yugoslavia, Grecia, Turchia, Puglia, Croazia, Sicilia, Malta, ancora Sicilia (un paradiso in terra e in mare) e Tunisia. Il nome Donna Rosa è stato dato dal primo proprietario che ha chiamato la barca col nome della moglie. L'anno scorso a Marettimo, dopo tanti anni, abbiamo incontrato il figlio del primo proprietario (vedi quel post) a bordo di un'altra Donna Rosa. In tutto nel Mediterraneo ce ne sono attualmente 3 di barche a vela con lo stesso nome. Quest'inverno ci siamo rivisti con Domenico che è stato bambino su questa Donna Rosa e in quell'occasione ho potuto conoscere sua madre: la vera Donna Rosa! Una simpatica e vivace signora che fa l'avvocato, con cui ho piacevolmente pranzato in una trattoria romana, come se ci conoscessimo da tempo. In un certo senso è vero...
Eileen e Giulia sono arrivate col taxi a mezzanotte, ora locale. Il Signor Faouzi ha chiesto solo 50 dinari. Con questo si è garantito la riconoscenza di Eileen che sta già immaginando di chiedergli di portarci a Tunisi quando arriveranno i nipoti e magari anche i loro genitori che sono attesi per il 10 agosto assieme al nipotino più piccolo.
Il Signor Faouzi è di Kairouan, la città santa da cui è partita la conversione musulmana del Magreb. Dice che è una bellissima città e che noi abbiamo visto solo poche cose (l’anno scorso): la moschea e poco altro. È vero ma c’erano 44 gradi e si faceva molta fatica a scendere dal pulmino con l’aria condizionata. Ricordo la moschea e delle grandissime cisterne d’acqua a cielo aperto medioevali: una specie di piccoli laghi artificiali circondati da un muretto di pietra. Testimoni del fatto che c’era un problema d’acqua anche allora ma che soprattutto c’era un’edilizia civile molto attiva.


Con Eileen e Giulia abbiamo fatto due passi per il marina, la parte oltre il ponte che è la più affollata e rumorosa. C’era pienissimo di gente seduta ai tanti caffè, la gran parte erano tunisini: giovani e famiglie. La cosa che mi ha sorpreso (anche l’anno scorso) è che i bambini anche piccolissimi giocano fra loro fino alle 2 di notte, sotto gli occhi dei genitori, senza che nessuno pensi di portarli a dormire (e senza che si addormentino loro stessi). L’anno scorso ho visto che quando tramonta il sole nessuno si muove dalle spiagge e restano lì a giocare e fare il bagno (parlare, immagino anche mangiare) come se niente fosse fin verso le 11. Questo nella riviera romagnola (madre di tutte le riviere) non si è mai visto e le madri portano a casa i bambini molto prima che tramonti il sole. Qui no. Nemmeno dalla piscina che c’è dietro il nostro posto barca nessuno se ne è andato prima di mezzanotte ieri sera e un bambinetto piccolo ha continuato a urlare e essere rimproverato dal padre e piagnucolare (oh, papa… oh, papa…) dalle 5del pomeriggio a che sono arrivate Giulia e Eileen.
Anche le navi dei pirati piene di turisti non si sono ancora viste dalle parti di Rimini.
Il Corsaro II 

Ieri ho sistemato un po’ di cose a bordo. Al momento la situazione è questa: il motore della barca è fermo perché Adel ha smontato due filtri per cercarli oggi (non so dove), il motorino del tender è bloccato (“ci penso io domani, o sabato” ha detto Adel) e questa mattina si è fermato (orrore!) il frigorifero. Sono incerto se chiamare Adel e sentirmi dire che ci pensa lui o se chiedere al Marina se c’è in giro un frigorista. Per il resto tutto bene: siamo attaccati alla corrente elettrica in banchina e dopo un gran lavoro di raccordo di tubi e boccole (e l’intervento risolutore di Adel) anche all’acqua. Mi vergogno un po’, ma in un paio d’ore non sono riuscito a far entrare una boccola in bronzo di 20 mm di diametro nel nostro tubo di gomma di 12 mm. Ho provato ad allargarla con dei cunei e dilatarla con il calore della fiamma, niente. Mi ero già convinto che c’è un limite fisico anche all’elasticità degli elastomeri (frutto questa certezza delle mie recenti letture di storia della scienza: i bellissimi DVD allegati all’Espresso). O per la forza elettronucleare debole o per l’elettronucleare forte, non sarei mai riuscito a infilare una boccola da 20 in un tubo da 12. Mi restava da risolvere un classico dubbio da consumatore razionale: era meglio comprare una boccola più piccola o una canna più larga? Poi è arrivato Adel, ha quasi sciolto sul fuoco la canna dell’acqua e l’ha infilata nella boccola. Chissà quale legge della fisica è riuscito a violare…
Riflessione: mi ricordo che anche nella Jugoslavia degli anni 70 era così: non c’erano mai pezzi di ricambio e tutto veniva in qualche modo arrangiato da bravi artigiani locali. Anche per le auto, con sedute psico-meccaniche nelle diverse officine del paese, dove ti vulcanizzavano una gomma seduta stante e ti sistemavano a martellate tutto il resto. Quando nei primi 80, al ristorante ci mettevi 3 ore a mangiare i datteri alla buzara e nei supermarket non si trovava più né il mastice per la gomma né il miele jugoslavo, ho deciso di lasciare quel ridente paese (che poi ho ritrovato via mare sotto il nome di Repubblica della Croazia: più privato, più caro ma anche un po’ più efficiente) per veleggiare altrove. La Tunisia è molto più efficiente della Jugoslavia di allora, più professionale, meno burocratica (polizia e dogana a parte) e più cara.
La barchetta appena verniciata

L’altro giorno, appena arrivato all’aeroporto Tunis-Cartage, ho pensato bene di comportarmi da turista intelligente. Sono andato all’ufficio informazioni dell’aeroporto a chiedere come arrivare ad Hammamet. L’ufficio informazioni dell’aeroporto mi ha molto gentilmente invitato ad andare all’ufficio informazioni turistiche. Sono andato all’ufficio giusto trascinando la mia borsa da 40 kili e ho chiesto cosa mi consigliavano di prendere per arrivare al Marina di Yasmine Hammamet . Mi hanno detto che la cosa migliore era prendere un taxi (un grand taxi, per l’esattezza, che fa servizio extraurbano) che con 50 Euro mi avrebbe portato direttamente al Marina (senza andare in città in taxi per prendere un pullman o un treno. Alla mia faccia perplessa sul prezzo di 50 Euro mi hanno detto che mi avrebbe accompagnato al taxi uno di loro. E infatti, un signore molto gentile mi ha portato ai taxi, ha parlato con l’autista e mi ha sorriso dicendomi di salire.
Appena sono salito e il taxista mi ha chiesto dove volevo andare io ho risposto che volevo ovviamente andare al Marina di Hammamet per 50 euro. Inesorabile il taxista mi ha detto che 50 euro erano pochi per andare fino al marina e che lui ne voleva 65. Senza dare troppi segni di impazienza gli ho risposto che ero andato a informarmi all’ufficio turistico e che mi avevano detto 50: io non gliene avrei dati di più, se non gli andava bene sarei sceso subito. Lui è partito lentamente, dicendo che quelli dell’ufficio informazioni non sanno di cosa parlano e che Hammamet sono 50 ma il Marina è un po’ più lontano e che se volevo accendeva il tassametro… intanto continuava a guidare. Io ripetevo come una filastrocca che ero andato all’ufficio informazioni apposta per evitare di trattare sul prezzo e che un signore dell’ufficio mi aveva personalmente portato da lui. Il mio taxista, continuando a guidare ormai nel traffico di Tunisi, mi ha spiegato che lui era solo un’autista e non un proprietario e che la differenza l’avrebbe dovuta dare lui al proprietario del taxi. Io ormai fingevo di niente, ripetendo di quando in quando la storia dell’ufficio informazioni. A un certo punto il taxista mi ha spiegato che ci rimetteva e che avrei almeno potuto dargliene 55. A questo punto ho pensato fosse bene chiudere il discorso: va bene, per il Marina Yasmine le pago 55 Euro. L’uomo ha sorriso rilassato e mi ha detto che con gli italiani sì che si ragiona (perché siamo uguali), mentre i francesi e gli inglesi sul denaro sono rigidissimi. Io che pensavo di essere stato rigidissimo…
Il signor Faouzi (questo era il suo nome) saputo che giovedì sera sarebbero arrivate Eileen e Giulia si è offerto di andarle a prendere lui in aeroporto e portarle “direttamente” (ha insistito molto sul direttamente) al Marina di Hammamet. Per 50 Euro? ho chiesto io. E lui ha detto che avrebbe rinunciato alla tariffa notturna…
Così oggi ci siamo sentiti con Faouzi al telefono un paio di volte perché l’aereo è in ritardo. Mi ha di nuovo assicurato che porterà la mia famiglia “direttamente” in barca e che io stia tranquillo. Ho avvertito Eileen di dargli gli Euro che vuole (ma non più di 65). Vedremo.
Ieri al cantiere Rodriguez, invece, c’è stata un’altra fattispecie levantina di contrattazione. Abdennour mi ha chiamato Adel il capo meccanico al telefono. Adel, che parla italiano, mi ha detto: “ti aspetto, ci vediamo al cantiere”. Arriviamo, ci legano e ci dicono di andare in ufficio a fare il contratto. Arriva Adele, Abdennour lo saluta e viene con noi in ufficio. L’impiegato mi fa un preventivo con tutto quello che secondo me c’era da fare e mi chiede di siglare il foglio. Io firmo, alle mie spalle ci sono Adele e Abdennour, poi spariscono. Appena esco dall’ufficio e torno sul piazzale del cantiere mi viene incontro Adele molto arrabbiato e mi dice che mi aveva detto di vederci in “cantiere e non in ufficio” che lui i lavori me li avrebbe fatti per molto meno ma ora era impossibile perché io avevo addirittura firmato un preventivo che sarebbe stato molto più caro e che evidentemente a me i soldi uscivano da soli dalle tasche… così mi sono dovuto persino scusare di aver firmato un preventivo più caro. Ne ho parlato con Abdennour che ha fatto una strana faccia dicendo che non capiva: se la fattura la faceva il cantiere avevo fatto bene a firmare il preventivo del cantiere.
Adele mi è venuto a chiedere, mentre alavano la barca, se per caso avevo qualcosa da dargli contro il mal di pancia perché aveva bevuto troppa acqua fredda e gli faceva male l’intestino. Gli ho dato il busco pan che avevo in barca. Dopo un po’, più bendisposto nei miei confronti, mi è venuto a dire che stava già un po’ meglio.
Nel pomeriggio Adele mi ha fatto capire che i lavori sul motore li avrebbe fatti lui per conto suo non al cantiere, se mi andava bene e che al cantiere avrei quindi dovuto pagare solo l’alaggio e l’antivegetativa. Ho detto che mi andava bene.
Il ragazzo dell’ufficio mi ha chiesto se potevo pagare in contanti, così ho dovuto andare al bancomat 3 volte e usare tutte le carte di credito e i bancomat in mio possesso per tirare fuori pacchi di dinari tunisini dalle banche locali. Alla fine comunque molto meno che in Italia. Cosa vorrà Adele per il suo lavoro non lo so ancora. Oggi è venuto a prendere due filtri, mi ha lasciato il suo cellulare e mi ha chiesto una caparra. Si è accontentato di 50 euro, bontà sua. Ma mi sembra bravo e mi è anche simpatico.

Si riparte da Hammamet

Donna Rosa al Marina: la quarta da destra
Buongiorno a tutti, sono al marina Yasmine Hammamet dal 27. due giorni se ne sono andati tra lavori alla barca (pulitura del fondale, antivegetativa, un'occhiata al motore, ecc) e, soprattutto, attesa del meccanico, dell'uomo addetto al travel lift, ancora del meccanico, di quello che pulisce con la lancia a pressione, di quello che pulisce l'elica con un raschietto, ancora del meccanico e così via... non è tutto finito ma siamo a buon punto e a una quota considerevole di dinari tunisini già pagati (al cantiere Rodriguez, al custode personale Andennour, al meccanico). Confesso che avevo diffidato di Abdennour che si era offerto di tener d'occhio la barca in cambio di 440 euro (40 euro al mese) dopo che avevamo appena pagato (per lo stesso motivo) il Marina Yasmine. Ma ho ritrovato la barca come mai mi era capitato: pulita e asciutta: gommone in acqua, biancheria lavata e ripiegata, tappezzerie interne lavate ... insomma 440 euro ben guadagnati.

Qui sono le 20.30. si comincia a stare bene anche dentro la barca (oggi c'erano 34 insopportabili gradi), se non fosse per le zanzare. è vero che un ferrarese dovrebbe esserci abituato, ma non un ferrarese in vacanza...
questa sera arrivano Eileen e Giulia e finisce il mio ritiro monastico (specie in senso alimentare). non capisco quelli che amano navigare in solitario: in tanti anni non mi ha mai attratto l'idea. da solo, in genere, mi annoio. per quanto abbia tutto quello che serve a passare delle ore piacevoli (persino il mio flauto) mi bastano 48 ore da solo per chiedermi cosa ci faccio qui...
ho fatto i lavori, ho pulito, ho fatto varie spese al supermercato, mi sono preparato dei pranzi da uomo di mare a base di tonno e fagioli... ma insomma, per vivere così non c'è bisogno di arrivare in barca in Tunisia.
Da domani sarà tutto diverso. e poi arriveranno i nipotini da Francoforte (quelli dell'anno scorso) e ricominceranno le sfide a scopone scientifico.
Alla prossima.