finale

Cari amici, il blog "egadiavela" è ora completo di foto. buona visione. a presto.

Ritorno in patria


Dopo le 5 del pomeriggio siamo andati (col tender perché tra la postazione 6222 e la capitaneria ci sarà circa un Km)a ritirare il contratto (già pagato). Tutto in ordine. abbiamo salutato il capitano che ci ha guardato e ci ha chiesto: "avete fatto le pratiche per lasciare la barca?" "Quali pratiche?" ho chiesto io. "Dovete andare alla dogana con i passaoorti e firmare dei documenti, non ve l'avevo detto?" No, non ce l'aveva detto. ritorniamo al gommone e corriamo a prendere i passaporti poi di nuovo alla dogana che è la porta a fianco della capitaneria. lì c'è un doganiere anziano che per capire cosa deve fare ha ricopiato il contenuto della pratica analoga alla nostra che ha trovato in archivio. malgrado il fatto che il libretto fosse diverso da quello che c'era dentro l'altra busta il doganiere si convince che abbiamo tutto a posto. dobbiamo tornare alla capitaneria a fare fotocopie per la dogana che non ha la fotocopiatrice. alla fine tutto funziona. il doganiere disegna prima le righe giuste su un foglio di carta, poi copia i titoli in arabo e poi lo compila. ci compila anche la domanda e ce la fa firmare. "Tutto a posto, mi dice, adesso potete farmi un piccolo regalo o partire e fare buon viaggio". gli do un biglietto da 20 euro perché non ho altro nel portafoglio. lui mi saluta portandosi la mano sul cuore.
torniamo in capitaneria a dire che siamo a posto e chiedere se hanno potuto prenotare il taxi. prima ci rispondono di sì. poi un altro ci dice che costa 80 dinari e non 60 come ci avevano detto la mattina. se siamo d'accordo lui prenota. Perché 80 e non 60 nessuno ce lo spiega, malgrado il cartello con scritto 60.
torniamo in barca col tender. passa un ragazzo che lavora al marina e ci offre la sua sorveglianza "particolare" per 60 euro al mese. gli spieghiamo che ci sembra una cifra molto alta e Abdinour (così si chiama) ci spiega che per una barca europea non è molto e quella è la tariffa con cui gli ormeggiatori lavorano. gli chiediamo perché abbiamo pagato il marina e lui ci spiega che il marina garantisce servizi minimi ma lui ci accende il motore una volta la settimana e controlla gli ormeggi e la nostra barca verrà trattata come se fosse la sua. insomma, la trattativa va per le lunghe ed è un po' sgradevole perché è chiaro che se non accettiamo lui non guarderà la nostra barca. lui ci propone almeno 40 euro al mese. alla fine gli diamo 150 euro fino a dicembre e poi vedremo.
finiamo di pulire la barca e il tender.

andiamo di nuovo a cena al Corsair dove mangiamo buoni spaghetti ai frutti di mare e andiamo a letto.
la mattina il taxista è puntuale. Salutiamo Donna Rosa promettendole che ritorneremo a trovarla entro l'anno.
In aeroporto a Tunisi dicono che non dobbiamo pagare nessun sovrapprezzo malgrado quello che Alitalia ci aveva detto al telefono. l'aereo parte in orario, il viaggio è ottimo. a Fiumicino ci mettono 40 minuti a restituirci i bagagli. al parcheggio lunga sosta paghiamo 76 euro (quasi due mesi di stipendio di Abdunour). 3 ore dopo siamo a Siena. Dove Eileen sfoggia il suo nuovo camicione tunisino.
il blog è finito: i prossimi giorni metterò qualche foto. Grazie a chi ci ha letto e a chi ha commentato. L'esperimento del dialogo fra barche non ha funzionato. quello del diario di bordo on line invece sì ed è stato divertente. Al prossimo anno.

ultimo giorno


Siamo andati a letto alle 22 (dopo aver mangiato benino al Corsair, una specie di barca finta e galleggiante accanto alle altre barche vere) e ci siamo alzati alle 7.30. Abbiamo accumulato stanchezza arretrata evidentemente. Anche se non capisco quando e da cosa l’avremmo accumulata.
Oggi giorno di lavoro: nel senso di pulizia della barca (anche se qualcuno programma bagni e gite in pallone). In serata vorremmo andare ad Hammamet paese che è a qualche chilometro da qui. Prima di tutto dobbiamo passare per la Capitaneria a regolarizzare la nostra situazione e fare il contratto per un anno. Per fortuna in capitaneria c’è l’aria condizionata. E sono, in qualche modo, gentili. Credono anche di essere efficienti perché parlano con voi, rispondono al telefono, fotocopiano, rispondono a quelli che nel frattempo arrivano, rispondono al Vhf e a tutti dicono “Oui, un instant…” senza risolvere niente. Devo tornare alla barca a piedi a prendere gli assegni. Vogliono essere pagati in anticipo. Torno in gommone. Alla fine ci promettono che entro qualche ora ci prepareranno il contratto (già firmato). Per fortuna si spende davvero poco. Un signore milanese che vive a Modena tiene qui il suo yacht a motore da 3 anni. Ci ha detto che si sta benissimo e ci credo. Però ho qualche nostalgia di Totò Miceli di Trapani che, anni fa, quando gli ho detto che volevo firmare il contratto mi ha guardato e mi ha detto: “Buon viaggio Sindaco…”

Adesso vado davvero a pulire la barca.
Questo è l’ultimo messaggio dalla Tunisia.
Il finale dall’Italia. Aurevoir à tous.

Verso Hammamet


Ci svegliamo alle 7 perché il nostro vicino vuole partire per Hammamet. Anche noi lo seguiamo alle 8.20. Suleika invece prenderà la direzione di Pantelleria. Per un attimo abbiamo pensato di andare con loro a Pantelleria e ritornare a Trapani perché la desolazione di Kelibia ci ha fatto venire nostalgia (quasi come ai nostri nipoti all’arrivo). Ma poi abbiamo pensato che l’anno prossimo potevamo fare il Sud della Tunisia e vitare anche l’interno e abbiamo fatto rotta su Hammamet.
Abbiamo con qualche fatica spostato i voli al 16 mattina (mio cognato è sempre più cupo ma so che prima o poi gli passerà). Il Meteo era favorevole (solo un problema di isolati temporali) e il cielo abbastanza pulito. All’inizio della navigazione c’era un po’ di onda vecchia di ieri con poco vento di fronte (ovviamente) ma poi si è progressivamente calmato. Faccio fare un breve bagno al largo all’equipaggio perché fa molto caldo. L’ultimo tratto all’imbocco del golfo di Hammamet il vento ha girato di poppa ma io non avevo più voglia di mettere su niente. Alle 16.20, come predetto fin dal mattino dal nostro Geonav, entriamo nel marina Yasmine di Hammamet: il più grande Marina di tutta l’Africa, dicono con molto orgoglio. Già, perché siamo in Africa, anche se non ci sembra. Lanciamo un messaggio attraverso il nostro Spot che dice: “qui Donna Rosa, tutto bene”. C’è pieno di barche e di barche enormi sia a vela che a motore. Davanti all’ingresso del porto sfrecciano i motoscafi con le persone legate in alto a una specie di grande paracadute che li tiene a 30 metri d’altezza. Nel golfo c’è pieno di orrende caravelle di legno che portano in giro i turisti. Sembra di essere a Rimini.

Ma il servizio in porto si presenta ineccepibile: un uomo con Vhf al quai d’acceuil poi un gommone che ci guida al nostro posto (il 6222 ma poi ci dovranno spostare al 6221) all’ île aux pecheur. Per farci entrare viene anche alzato in fretta un ponte apribile.

Ci danno corpo morto e raccordo per l’acqua. Ci portano anche una tessera magnetica per andare a fare le docce. Le docce!!! Ci sembra un lusso incredibile dopo venti giorni di docce sulla banchina. Subito dietro il molo su cui siamo ormeggiati c’è una striscia d’erba e poi una piscina piena di bambini che giocano. Chiediamo se è possibile andare e ci rispondono che è a disposizione degli ospiti del villaggio e del marina (noi compresi). Anche questo un lusso inaspettato. Speriamo che i prezzi non siano altissimi (per quanto sicuramente meno cari di quelli italiani e francesi). Vedremo domani col Marina. Dentro la piscina ci sono sia tunisine completamente vestite che altre cuisses à l’aire…
Ci telefona Suleika da Pantelleria. Anche loro una buona navigazione, però a vela.
Ci laveremo a fondo questa sera e domani (ferragosto qui è solo un giorno di regate ci dicono) laveremo la barchetta. Donna Rosa se l’è meritata. Da quando ho detto a Luca che i francesi quando guardano le cime in disordine dicono con disprezzo “spaghetti à l’italienne” le nostre cime sono tutte perfettamente arrotolate. Un ragazzo che si chiama Abdinnour ci offre i suoi servizi per l’inverno: sorveglianza, pulizia, vedremo. Mi dispiace lasciare la barchetta in acqua un anno intero ma non c’è servizio a terra.
Per festeggiare l’arrivo collego iTunes alle piccole casse che abbiamo a bordo e faccio andare la Marcia turca da “Sopra le rovine di Atene” di Beethoven che è per me una musica di festa (assieme al concerto di Boccherini che suonano Jack e Stephen nell’ultima scena di Master and Commander, ovviamente, musica di festa e di vittoria: pappippapira tarararì, pappippapira tarararà… “Ah, Mister William”, “Sì, comandante”, “Tutti ai posti di combattimento”, “Tutti ai posti di combattimento Comandante”, pappippapira tarararì…).

siamo stati fortunati


Mercoledì 12, Luca e la zia portano i ragazzi in aeroporto. L’aereo è in ritardo e noi perdiamo un’ora preziosa. Partiamo da SBS alle 13 diretti a Kelibia. I nostri amici del Suleika partono con noi. Abbiamo subito un NE forza 3 perfettamente contro con un mare 2/3. Appena partiti ci attraversa la rotta una nave da crociera a 11 piani (almeno) che sembra uno Sheraton galleggiante. Anche una grande barca a vela inglese che parte con noi si ferma per farlo passare. Dietro di lui una nave Costa Crocere sembra nulla. Suleika punta al largo e va a motore. Noi stiamo più sotto costa e riusciamo almeno a tenere su la randa, sempre a motore. Ci sentiamo via radio ogni tanto. Sbattiamo in maniera indecente, ma facciamo più di 5 nodi. Passano così almeno 5 ore verso Capo Bon che non si vede. Quando siamo in vista da lontano delle pale eoliche il vento gira da Sud Est. Riusciamo a issare un po’ di fiocco e tra randa, motore e fiocco facciamo 7 nodi e smettiamo di sbattere: notevole!

Suleika ci comunica che preferisce andare all’ancora vicino alla tonnara di Sidi Daoud, perché temono che dopo Cap Bon il vento da SE rinforzi. Noi preferiamo andare a vedere. Ci salutiamo via radio. E ci promettiamo di farlo via blog. Loro faranno tappa a Kelibia e poi andranno su Pantelleria.

Navighiamo a lungo guardando le oltre 60 pale eoliche messe sulla collina a Est di Sidi Daoud. Alcune girano veloci altre meno: non sembra ci sia poi tanto vento.
Nella baia subito prima del capo ci sono molte barche all’ancora. Siamo tentati di fermarci ma io preferisco continuare e guadagnare 3 ore preziose per domani.
Arriviamo a Cap Bon all’imbrunire. Un’enorme stormo di gabbiani che volano sul pelo dell’acqua si divide tra chi ci passa a prua e chi a poppa. Sembrano diretti all’isola di Kebir. O forse inseguono un branco di sardine. Vediamo anche un delfino che salta davanti alla nostra prua (o forse un tonno). Il vento dopo il capo si attenua fino a sparire o quasi. È ormai buio (il faro del capo sembra spento ma poi si accende: un po’ dopo che abbiamo acceso le luci di via, si vede che vanno al risparmio).

Il resto della navigazione è notturna. Senza vento e con un’onda piacevole (mi pare al traverso).

Proseguiamo senza problemi con il plotter: evitiamo le boe ben visibili del gasdotto che va in Italia e alcune barche di pescatori. SI vedono le luci della costa molto bene, compreso il lontanissimo faro di Kelibia posto sul forte. Navigare lungo la costa illuminata è un conforto psicologico anche se in caso di bisogno non aiuta. C’è molto umido a bordo e anche freschino (io ho indossato la giacca della cerata fin da prima del Capo, ma non faccio testo).
Lanciamo un post dal Capo. Poco dopo Fabio mi manda un sms di ricevuto da Yerevan (che non so dove sia). La navigazione notturna è bella e confortevole. Smangiucchiamo qualcosa. Poi l’equipaggio si mette a dormire. Io non ho sonno e resto di guardia. Per fortuna abbiamo il nostro pilota automatico che da 10 ore ci tiene in rotta (il pilota automatico a bordo di Donna Rosa si chiama Felipe, fin dal primo viaggio in Spagna, anche di Felipe ne abbiamo cambiati almeno 3).
Ora è sorta anche una luna calante molto pallida. Il cielo è completamente stellato: persino il pianeta Giove (dice Luca) lascia una sua scia sull’acqua. Alle 23.15 entriamo finalmente a Kelibia. Davanti e dietro a noi entrano molti pescherecci. Non c’è posto ovviamente nel molo riservato al diporto. Ci accostiamo (svegliandoli) a una bella barca francese ormeggiata in banchina: siamo in seconda fila mentre nelle altre banchine sono ormai in quarta fila. Scendiamo a terra (senza fare rumore, a parte la busta dell’immondizia con le bottiglie e i barattoli che ci cade proprio in coperta della barca francese) e andiamo a mangiare qualcosa in un ristorante che vorrebbe essere italiano subito fuori dal porto: io pizza napoletana (sei di Napoli? Dice divertito il padrone) e loro spaghetti alle vongole che pare siano buoni. Mia moglie beve una bottiglietta di vino con tappo a stella uguale alle bottiglie di gazzosa (che nemmeno Luca riesce a bere), io una birra rigidamente senza alcol. Qualcosa di caldo fa comunque piacere mangiarlo e qualcosa da bere aiuta a mandar giù.

Mentre torniamo a bordo un colpo di vento alza tutti i sacchetti di plastica che ci sono nel porto. Ci accorgiamo che ci sono lampi in mare. E poi anche a terra tutt’intorno a noi. Il vento rinforza, il cielo si è coperto. Saliamo in barca e tutto comincia a vibrare. Le sartie delle barche fischiano, anche se il vento non supera i 18 nodi. Sta arrivando un temporale. Non sono preoccupato (siamo pur sempre in porto), ma metto tre o quattro spring fissati alla barca francese. Si alza la signora a dare un’occhiata. Mi aiuta senza dire una parola a mettere qualche cima. Poi mi fa: “Vous êtes arrivés à temp…” le rispondo che sì, siamo stati fortunati. Una divinità marina ci ha protetto. Le onde sbattono a poppa e il tender freme come un puledro legato. Abbiamo degli scogli a 4 metri da prua, ma sono tranquillo. Comincia a piovere. Vado a letto pensando di non dormire ma o il temporale dura poco o la stanchezza prevale.

sécurité, appel à tous


Ci siamo alzati presto perché vorremmo partire per tempo. Ci aspettano 7/8 ore per arrivare a Hammamet. C’è nuvolo anche se calma di vento. Alle 8 Radio Mahdia lancia un appel à tous: chiamata generale per colpo di vento forza 7/8 (burrasca) da Est che poi girerà a Nord. Validità del messaggio, 24 ore. Pochi minuti dopo il generatore eolico della barca francese comincia a girare vorticosamente, anche come direzione del vento (fra parentesi, un generatore così grande e silenzioso non l’avevo mai visto). Chiamo Suleika sul canale 16 ma non risponde. Sono troppo lontani. Speriamo abbiano sentito anche loro la chiamata generale. E che trovino riparo da qualche parte perché erano esposti a Nord. Luca e Eileen sono a terra a fare le pratiche. La polizia li avverte del colpo di vento. Stiamo pensando di spostare il volo.
Inganno l’attesa facendomi la barba con il mio magnifico rasoio Gillette a 5 lame. Sono 15 giorni che uso la stessa testina perché in Tunisia non si trovano i ricambi di questo tipo. Io l’ho trovato dentro un numero dell’Espresso e lo consiglio davvero. Funziona con le lame orizzontali e non ci si taglia e non strappa. Erano anni che non avevo la faccia così liscia dopo essermi raso (“come il sedere di un bambino”, dice qualcuno). Fuori pioviggina.

Ore 13. Il vento ancora non è arrivato e noi stiamo qui ad aspettare (come tutte le altre barche e i pescherecci) questa burrasca che non arriva. Abbiamo dovuto anche mettere il tendalino per evitare di cuocere. Per consolarci preparo pasta ai calamari. Finalmente Suleika risponde al cellulare. Sono qui a 4 miglia vicino a una spiaggia a riposare. Hanno beccato il temporale questa notte all’una e sono partiti per Kelibia alle 06 con 20 nodi di vento da W. Arrivano mentre scolo la pasta e si affiancano a noi. Ma hanno già mangiato. Andiamo a prendere il caffè da loro. L’opinione è che le raffiche di vento ci siano dove ci sono i temporali e non ovunque. Avremmo quindi aspettato per nulla… ma l’appel à tous tunisino era preciso e parlava di 28/40 nodi di vento da Est con rotazione da Nord per il settore Est Tunisia: dove siamo noi.Restiamo in porto. accanto a noi lavorano, ma nessuna barca esce.


Alle 16 ancora il vento non si è visto. Sembrano persino passate le nuvole. Mi metto in ascolto del nostro meteo. Vedremo. Comunque l’aereo del 14 è saltato. Luca sta valutando se partire oppure no.
Il meteo AM delle 12 dà una situazione d’ instabilità e previsione di burrasche anche nello Stretto di Sicilia ma il vento normale è S forza 3 con rinforzi sotto costa. Siamo nella spiacevole situazione di decidere se rischiare o meno a causa di un aereo. Io sarei per rinviare l’aereo e partire più tranquilli. Capisco che aspettare in porto un vento che non arriva, al caldo e alle mosche, appaia insensato. Come era bello quando un comandante decideva senza dover dare spiegazioni…

Siamo rimasti in porto come tutte le altre barche, grandi pescherecci compresi. Ma il vento non è arrivato, malgrado i temporali con fulmini che ci girano intorno. Mio cognato è torvo: pensa che abbiamo perso un giorno per niente e che i Meteo non siano affidabili. Ma io ho già passato (con lui) una notte in mezzo ai fulmini traversando da Zara ad Ancona e non ho nessuna voglia di ripetere l’esperienza. Facciamo nafta (chiedendo un prestito di 10 dinari all’equipaggio di Suleika) e poi andiamo a cena con loro alla Pension Anis. Sono molto simpatici: lui era un biologo marino e oggi si occupa di distribuzione di Gpl per auto ma la sua passione è il mare (la vela e le immersioni). Lei insegna francese (che è la sua lingua) a Genova. Lui ha attraversato l’Atlantico con una barca gemella di Suleika. A cena parliamo di libri e ci scambiamo consigli. Io consiglio a tutti Desirée (di cui sono arrivato in un soffio a pag. 650: il tracollo di Napoleone a Lipsia e il successo di Bernadotte, marito di Desirée) e l’epopea di Jack Aubrey di Patrick O’Brian (di cui attendo con ansia il ventesimo e forse il ventunesimo volume).

partenza


Appena Eileen e Luca torneranno dall’aeroporto partiremo per Kelibia. Lasceremo questo paradiso. Prima di noi partirà una barca di ragazzi simpatici che abbiamo conosciuto due giorni fa: Suleika. Ci sentiremo per radio. È una barca lunga come la nostra ma penso più veloce. Li raggiungeremo questa sera a Kelibia.Loro poi proseguiranno per Pantelleria. Ci siamo comunque dati appuntamento sul blog.
Oggi ricominceremo a lanciare i messaggi Spot. Anche se non so chi li leggerà.

mosche, gatti e gelsomini


Mi sono svegliato (come sempre) alle 6.30. A quell’ora arrivano le mosche e si fatica a dormire. È buffo ma non siamo più abituati alle mosche: ormai viviamo (in Italia, in Europa?) in un mondo senza mosche. Qui siamo in Africa e le mosche sono padrone. I nipoti reagiscono alle mosche urlando come se fossero vespe. E mia moglie fa degli scatti improvvisi non appena una si posa su un’orecchio o ti ronza attorno agli occhi. Una mattina una mosca, mentre dormivo, si è posata, per bere, nell’angolo dell’occhio, come si vede nelle foto e nei documentari sulla fame nel mondo. Ho anche visto due mosche che si inseguono e che si attaccano fra loro in volo, facendo un gran ronzio. Erano anni che non mi capitava.

Qui a Sidi Bou Said ci sono anche molti gatti. Qui davanti a noi c’è una madre con sette gattini tutti diversi da lei e fra loro. Gli diamo una scatola di tonno tutte le mattine.
Ogni giorno compriamo un mazzetto di gelsomini (almeno uno) da un bambinetto molto carino: un mazzetto un dinaro. Ne mettiamo uno in bagno e uno in cucina. Il beneficio è notevole.

vita di terra


Lunedì 10. Oggi siamo stati a Kairouan, quarta città santa dell’Islam (dopo La mecca, Medina e Gerusalemme) a circa 200 Km da Tunisi, verso Sud. Kairouan vuol dire, in qualche modo, carovana.Siamo andati con il pulmino con l’aria condizionata a palla perché c’erano più di 40 gradi. A Kairouan 42 per l’esattezza: vero che il clima è più secco del nostro ma faceva comunque un caldo infernale. Una guida locale ci ha agganciato (salendo sul pulmino con noi) e fatto visitare una moschea del 7° secolo (1300 anni!) restaurata da Bourghiba. La Grande Moschea è fatta con colonne capitelli marmi e pietre prese dagli arabi nei siti punici, romani e bizantini. Per questo c’è anche una croce su un capitello e una lapide con iscrizione romana a rovescio. Come imponenza della sala di preghiera e numero di colonne ricorda la grande moschea di Cordoba. Ci lasciano fotografare ma non entrare. Il minareto era anticamente di forma quasi piramidale: serviva da torre difensiva, dice la guida.


Poi ci portano a vedere dei colossali bacini idrici costruiti nel medioevo, veramente ammirevoli. Anche il cortile centrale della moschea poggia sopra cisterne idriche. La moschea è anche sede di Università. Viene da dire che acqua, sapere, religione e sicurezza erano molto strettamente connesse. Come in alcune città medievali europee.

Si va a mangiare in una piccola trattoria della medina segnalata anche dal Routard (ma la nostra guida non era molto d’accordo): il Restaurant de la Jeunesse. Ma abbiamo mangiato veramente male.

Dopo pranzo l’equipaggio va a visitare un’altra moschea che contiene 3 peli della barba del Profeta. Io resto a dormire sul pulmino con il motore acceso per l’aria condizionata. Tornano soddisfatti anche se non hanno visto i famosi peli. Ripartiamo.

Facciamo una deviazione per Hammamet dove speriamo che ci tengano la barchetta durante l’inverno. L’atmosfera cambia improvvisamente. Yasmine di Hammamet è una specie di Rimini. C’è persino il CartageLand, una specie di Disneyland con Annibale, elefanti e tutto il resto.
Alla capitaneria del Marina parliamo con una ragazza molto simpatica che tuttavia è irremovibile. Il posto ci potrebbe essere (non a terra), le tariffe accettabili, ma occorre prenotare. “Siamo qui per prenotare”, rispondiamo pronti. “No, dice lei, si può prenotare solo via mail o via fax, il capitano rispondera subito”. Torniamo a Sidi Bou Said e scriviamo una mail. Al momento aspettiamo ancora la risposta. Questa sera (colpo di vita) andremo al ristorante in gommone. Quando arriviamo ci dicono che ci aspettavano dal mattino per cambiarci posto e che il padrone del posto dove siamo è molto arrabbiato con noi. Vado a scusarmi con lui anche perché il mattino uno della capitaneria ci aveva detto che potevamo stare tranquillamente fino al 13.


“Domani alle 8.30 in punto venite qui che vi cambiamo posto”, ci ha detto con fare molto severo il capitano del porto. Questa mattina già se ne erano dimenticati: “non c’è posto”. Noi reagiamo male e ce ne trovano uno anzi due.

Martedì 11, parte Gabriella. L’accompagnamo in aeroporto, prenotiamo il servizio minori non accompagnati dell’Alitalia perché domani i nipotini viaggeranno da soli. Ci mettiamo un po’ di tempo tra documenti da compilare e spiegazioni da fornire (difficile spiegare che a Roma viene a prenderli il padre e fornire un indirizzo e un numero di telefono di Francoforte alla richiesta di qual è la residenza stabile dei ragazzi) ma poi la cosa funziona.

Poi andiamo finalmente a visitare il Museo del Bardo. Davvero impressionante per la ricchezza dei mosaici romani quasi intatti che sono visibili. Fra cui un bellissimo Ulisse e le sirene e una testa di cavallo che adornava un triclinio. Se zoomate la foto di Ulisse potrete vedere che la sua barca ha due vele quadre con tutte le scotte al posto giusto(particolare per i patiti)e che solo lui guarda le sirene, tutti gli altri guardano altrove.




Ma anche al museo fa un caldo insopportabile. Andiamo a pranzo ancora da Chez Slah dove mangiamo ancora meglio dell’altra volta (insalate mesciuia, calamari dorati, calamari al prezzemolo, seppie al nero, cernia impanata). Sembra che dobbiamo necessariamente ripassare per la Medina e il Souk. Questa volta incrociamo gente venditori molto più insistenti nel venderti profumi e altro. Ci fanno visitare la terrasse della medina: nient’altro che un terrazzo di uno dei tanti venditori di stoffe e tappeti da cui si vede una buona parte della Medina (dopo aver dato mance a destra e a manca). La moschea ez-Zitouna è chiusa.


Stremati rientriamo a Sidi Bou Said, dopo aver pagato il pulmino: chi crede che la barca sia stancante non ha che da provare la terraferma!
Alle 18 di oggi non abbiamo ancora ricevuto risposta da Hammamet. Abbiamo telefonato alla capitaneria, c’erano ovviamente altre persone, non sapevano niente di nessuna mail, il capitano era in vacanza. Ma ci hanno detto di andare. Partiremo domani mercoledì 12 agosto per Kelibia e poi il 13 per Hammamet, se il tempo ce lo consentirà.

domenica 9, seguito

Luca è arrivato puntuale alle 11. L’ambasciatore ha gentilmente telefonato per confermare la colazione in residenza per le 13.30. Poi ha aggiunto di portare i costumi per fare un bagno in piscina e che ci aspettavano a qualsiasi ora. Siamo andati con i costumi, i pantaloncini corti per il viaggio e qualcosa di più serio per il pranzo. Per fortuna l’ambasciatore ci ha accolto in pantaloncini e maglietta. Siamo andati subito nella piscina al centro di un bel giardino peno di piante di frutta (e di alberi grandi). La giornata è caldissima e la piscina molto rinfrescante. C’è vento ma tira da SE. Le prime informazioni sulla Tunisia e le prime risposte alle nostre domande l’ambasciatore ce le ha date mentre eravamo tutti piacevolmente a mollo. L’ambasciatore ci dice che le prime immigrazioni (nell’800) di italiani in Tunisia sono state di siciliani e sardi che hanno portato molti mestieri artigiani. Ci dice che Bourghiba ha da sempre investito sull’istruzione per cui la manodopera tunisina è di buon livello anche tecnico. Siamo stati in piscina a lungo: il piacere del fresco prevaleva sull’appetito. Poi la moglie dell’Ambasciatore ci ha chiamati a colazione. Ci siamo cambiati e siamo andati a tavola sotto il portico, con un’arietta gradevole (benché calda). Alla fine facevamo una figura decente sia noi che i ragazzi. I ragazzi stanno a un tavolo per conto loro. Tutti ci serviamo al buffet. Il pranzo è stato fresco e saporito (dita di fatima, ricotta buonissima, insalate, riso freddo, frutta) e la conversazione molto interessante: ci hanno suggerito di visitare Cartagine, ovviamente, i vari musei e la città di Keruan all’interno. Alle 15.30 togliamo il disturbo.

Con il nostro (enorme) pulmino da 12 posti andiamo a visitare Cartagine. Il luogo è splendido, oggi al centro di un quartiere residenziale molto ben tenuto (con moschea presidenziale nuova, chiesa sconsacrata di San Luigi e palazzo del Presidente che si affaccia sul mare e ha una piccola darsena interna, se non ho visto male). Un signore si offre (per 20 dinari, ma “ la cultura non ha prezzo…”) di raccontarci la storia di Cartagine. Lo fa in 20 minuti con grande efficacia. Non riesco a collocare l’episodio di Attilio Regolo. Gli chiedo ma lui risponde solo che si è svolto nella seconda guerra punica. Dall’acropoli di Cartagine si vede quello che era il porto dell’antica capitale (prima di Roma la città più grande e importante del mondo). Un doppio bacino interno (uno militare, uno commerciale, ci avverte la nostra guida) ancora esistente e spettacolare. Tutt’attorno il quartiere bellissimo e verdissimo (immaginiamo molto residenziale) di Salambo.


Vedendo Cartagine si scopre ancora una volta come la storia la facciano i vincitori e quanta sia la nostra ignoranza di europei su tutto ciò che europeo non è.
La guida ci racconta che quando arrivarono a Roma i tributi di Cartagine sconfitta e Catone vide il famoso paniere di fichi disse: vedete senatori quanta è la ricchezza di Cartagine, noi non abbiamo fichi così grandi. E poi la famosa “Cartago delenda est”. Ma Gabriella si ricorda che invece Catone giocò sul fatto che i fichi erano ancora freschi per allarmare i romani: “Cartagine è così vicina che riescono a inviarci qui dei fichi freschi!” più probabile questa seconda versione.

Approfittando del pulmino torniamo al caffè des délices a Sidi Bou Said a prendere un supersucco di frutta sulle terrazze. Per arrivarci attraversiamo una zono mai vista della città in cui, circondata da telecamere e poliziotti c’è la (o una) residenza privata del Presidente della Tunisia, in alto sulla collina di SBS con vista sul golfo di Tunisi da un lato e sul mare a Nord dall’altro.

La sera siamo invitati a cena (assieme all’ambasciatore) da una famiglia di editori e stampatori italiana che è arrivata a Tunisi 6 o 7 generazioni fa. Questa volta si mangia alla tunisina in un giardino di un sobborgo di Tunisi sul mare. Scopriamo che conoscono Ferrara (si chiamano Finzi) e hanno mantenuto strette relazioni con l’Italia. Chiacchierando con un signore simpatico e sveglio scopro che lavora alla Lega delle Cooperative a Roma. Sa tutto (quasi più di me) delle vicende della Coop Costruttori di Argenta. Parlare di Argenta a Tunisi è un po’ buffo. Mi dice, cosa che non sapevo malgrado aver letto una sua autobiografia, che Maurizio Valenzi (l’ex sindaco di Napoli) da giovane ha vissuto molto in Tunisia. Finiamo per parlare del tema dei rifiuti urbani in Campania. Io spiego come funziona da noi in Emilia e mi complimento per il fatto che in porto a SBS c’è un sistema di raccolta differenziata.
Freddy è da solo a un tavolo con Valerio, un nipote dei nostri ospiti. Sento che dopo qualche timidezza i due hanno cominciato a parlare insieme.
I nostri ospiti sono gentili: si informano della nostra barca e con qualche stupore ci chiedono se dormiamo a bordo. Parliamo dei marina del Mediterraneo e noi gli descriviamo, con nostalgia, le delizie dei marina turchi. Di qui a sostenere la necessità di far entrare la Turchia in Europa e non averlo fatto sia già un errore gravissimo(per me) il passo è molto breve. L'ambasciatore ha, giustamente, qualche dubbio in più, viste le opinioni dei francesi e della Chiesa. Il signore della Lega dice che i turchi ci daranno dei punti e che i camionisti turchi si sono consorziati e hanno addirittura comprato le navi per trasportare i camion. Mentre quelli italiani non accettano nemmeno che un secondo pilota guidi il loro camion (“cui tengono più che alla propria moglie e alla propria casa”). La cena è buonissima e (almeno io) mangiamo troppo. È ormai mezzanotte, i bambini stanno per crolllare. Ringraziamo molto e ci concediamo.
In barca anche Luca dorme in pozzetto all’aperto, assieme a Freddy.
Continua a tirare vento da SE. Sarà una notte caldissima e appiccicosa.

intermezzo autocritico

Ho dimenticato di dire che l’altra sera, al rientro da una giornata di mare, ho sbagliato (dopo molti anni) la manovra di ormeggio di poppa in banchina. È vero che ero da solo a manovrare, che nessuno ci aiutava sul molo e che il mio equipaggio guardava ovunque ma non nelle parti giuste e che non potevo tenere la barra e prendere il corpo morto e correre a prua nello stesso tempo e soprattutto che c’era maestrale a raffiche, ma l’errore è stato mio. Sono arrivato troppo lento di poppa e la raffica ci ha (come sempre) traversato e spinto sulle prue delle barche affianco. A quel punto era impossibile usare il motore: sono corso a spingere in fuori con le mani e i piedi affidando a mia moglie la barra del timone e ho cominciato a urlarle da che parte la doveva tenere: più o meno inutilmente. Il vento ci ha spinto verso le altre barche e abbiamo lasciato il cesto delle scarpe arpionato a un’ancora miracolosamente dritto, con almeno 10 paia di scarpe dentro: la tragedia vera sarebbe stata se il cesto si fosse rovesciato. Siamo usciti di nuovo e rientrati a motore sostenuto in retromarcia. Questa volta la manovra è stata perfetta. Abbiamo recuperato il cesto miracoloso e lo abbiamo riattaccato. Nel pomeriggio un grosso yacht italiano a motore ha cercato di entrare in un posto libero vicino e ha preso il corpo morto della barca accanto con le eliche. Non se ne sono nemmeno accorti malgrado le urla dell’addetto della capitaneria e anche le mie. La barca ormeggiata al corpo morto è stata tirata violentemente contro lo yacht e si è incrinato il puntale. Sono tornati fuori e volevano rientrare. Tutti abbiamo cominciato a urlare che avevano tagliato un corpo morto: loro non capivano e dicevano che era una cima d’ormeggio. Poi se ne sono andati. Ho notato che il pilota, che stava sulla piattaforma di comando in alto, non aveva la vista sulla sua poppa. Come si fa a manovrare così? Malgrado le eliche laterali e tutto, se non vedi non vedi. Il giorno prima un altro yacht a motore italiano sfoggiava un apparato rice trasmittente tra pilota in alto e signora addetta alle cime giù a poppa: molto tecnologico…
In serata sono arrivati dei belgi con una bella barca a vela robusta di metallo: marito moglie e due bambini piccoli. Sono entrati di prua e hanno ormeggiato bene in 3 minuti. Mi è venuto in mente un manuale che ho letto in cui si consiglia vivamente di ormeggiare di prua nei marina: per facilità di manovra e per privacy. Penso che abbia perfettamente ragione. Ma il mio equipaggio è pigro e preferisce salire e scendere per la passerella a poppa che non attraverso il pulpito di prua.

mancato rendez-vous

Domenica 9. Oggi alle 11 deve arrivare mio cognato Luca.
Dovevano arrivare anche i miei suoceri ma non ce la fanno. Dobbiamo riorganizzare i nostri spostamenti. Forse siamo invitati a colazione alla residenza dell’Ambasciatore italiano. Forse no perché gli ospiti ufficiali erano i miei suoceri. Vedremo. Intanto ci prepariamo con i vestiti più decenti che abbiamo. L'equipaggio del Donna Rosa non deve comunque fare brutta figura.

Non sappiamo ancora se ci tengono al Marina di SBS anche domani o se dovremmo trasferirci. Ora siamo al bar a riprogrammare il nostro viaggio.
La rete WF del negozietto vicino all'ingresso funziona.
ci scusiamo ancora con i nostri 3 abituali lettori ma Internet via cellulare è costosissimo e nei giorni scorsi abbiamo più volte sforato il credito.
(domenica 9, segue)

due giornate perfette


Venerdì e Sabato sono state due giornate molto riposanti. Non siamo andati a Bizerte per un po’ di maestrale contro e perché dovevamo comunque essere ancora a Sidi Bou Said per gli appuntamenti del 9. Abbiamo navigato nel grandissimo golfo di Tunisi (con vecchie onde da NW e NW allegro forza 3 il pomeriggio), abbiamo mangiato ancorati davanti alle spiagge di SBS e abbiamo fatto un numero notevole di docce sul molo rientrati in porto. Nel pomeriggio tardi siamo saliti in città con una lunga scalinata abbandonata che parte dall’ingresso del marina e consente di arrivare (molto accaldati) nel pieno centro storico del paesino. Arrivati su, sudati fradici, siamo andati a riposare al Café des nattes con le sue scalinate ricoperte di stuoie: spremute di arance formidabili e tè aux pignons buono come sempre. Malgrado il cafè des nattes sia molto piacevole (all’interno ci sono i soliti gradoni ricoperti di stuoie su cui si sdraiano sia i locali che i turisti, purché rigorosamente senza scarpe, a fumare la chicha che sa un orribile odore di lampone),

abbiamo scoperto un altro bar ancora più bello: il café des délices. Una serie infinita di terrazze sul fianco della collina che si affacciano sul mare: stuoie e ombrelloni: spettacolare!

Servono spremute di banana, di fichi, di fragole e un non meglio compreso “moultivithaminique”. Ci rilassiamo guardando il porto dall’alto con la nostra barchetta ben riconoscibile per il suo color malva (il colore originale dei cantieri del pardo negli anni 80 che in una stagione da azzurro carta da zucchero stinge a malva).

Il cameriere ci consiglia di andare a cena sul mare all’ Amphitrite, vicino all’Hotel Amilcar. Mentre usciamo capiamo che il multivitaminico è un bicchiere in cui a grossi strati orizzontali ci sono tutti i tipi di succo che non si mescolano fra loro.

Non tutti i taxisti vogliono portarti dove tu vuoi andare, ma alla fine ne troviamo due (siamo in 5 e 5 a bordo è rigorosamente vietato). L’Amphitrite è una delizia: una specie di trattoria sulla spiaggia in cui si mangia bene e si spende poco. Assistiamo a una spettacolare levata della luna piena (grande e rossa) dietro le colline e poi sul mare. Ci ritorniamo anche sabato sera.

Dal ristorante nessun taxi ci vuole portare al marina. A Tunisi sì, al marina no. Ma noi che ci andiamo a fare a Tunisi? Così procediamo a piedi. Tentiamo di passare per la spiaggia dell’Hotel Amilcar ma l’Hotel è chiuso per lavori. Dobbiamo fare un giro risalendo la collina e riscendendo sul lungo mare. È comunque una passeggiata piacevole. Sulla spiaggia, malgrado sia completamente buio (le 10 di sera) ci sono ancora centinaia di persone che mangiano, giocano e fanno il bagno. Intere famiglie con tanto di nonne vestitissime al seguito. E bambini che giocano e urlano. Una cosa così l’avevo vista solo a Rio.

Io e mia moglie andiamo un attimo alla toilette del marina ma ci fermano: non si può entrare insieme. L’ala femminile è chiusa per pulizie e allora tutti usano quella dei maschi ma in maniera assolutamente separata. Prima tutti i maschi e poi solo le femmine.

Questa sera ho scoperto che forse c’è un WiFi in un negozio vicino all’ingresso del marina. Domani mattina andrò a provare.

Tunisi


Ieri, martedì 4 agosto, anche se non era giovedì (come da regolamento della Royal Navy) ci siamo dedicati al bucato. In parte fatto a mano con sapone verde tunisino, in parte lasciato in ammollo al sole, in parte affidato a un servizio di lavanderia che, come promesso, ci ha portato a bordo le lenzuola prima di sera. Siamo andati (in taxi) al marché general a fare spesa, abbiamo mangiato al Pirata (subito davanti all’ingresso del marina) a colazione (ottimo il cous cous d’agnello e poi abbiamo passato il pomeriggio a non far niente (letture a parte) tra barca e bar del marina. Freddy, malgrado i suoi 11 anni, si è letto tutto d’un fiato le 765 pagine Desirée di Annemarie Selinko di cui era entusiasta mia moglie (consigliato a chi non lo conosce già). Ha cominciato davvero a tirare il NW 4 del bollettino. La sera solo quattro crèpe allo zucchero e 4 succhi di fragola. Mia moglie ha voluto cambiare le coppie per lo scopone ma ha perso egualmente.

Oggi, 5 agosto. Mi sono svegliato presto (alle 6 locali) e sono andato a fare una passeggiata dopo una colazione con banana, latte fermentato e caffè. Il latte fermentato l’abbiamo comprato ieri ed è buonissimo, non come quello avariato che c’è nel frigo (o come il formaggio squacquarone che si è formato sul fondo del frigo). L’aria è molto pulita. Dal molo si vede tutto il golfo di Tunisi e le propaggini della città. Il golfo è molto grande e profondo, più di quello di Napoli per intenderci. Basso dalla parte di Tunisi, ma circondato da montagne. Molto diverso dal golfo di Algeri con la città “la blanche” disposta ad anfiteatro sulle colline con la Kasba ben in vista.
Ho promesso che avrei portato l’equipaggio a fare il bagno davanti alla spiaggia con il tender (come uno yacht grande) se si alzavano presto. Poi prenderemo il treno per Tunisi.

Siamo andati a fare il bagno con il tender e poi col treno a Tunisi. Il taxista si è rifiutato di portarci a Tunisi (non sappiamo perché).

“Prima o seconda classe?” ci chiede il bigliettaio. Noi scegliamo la prima per 4 dinari totali e viaggiamo in uno scompartimento con sedili sfondati e porta rotta. Ma il trenino è simpatico e frequente. In 24 minuti porta in città, all’inizio del viale centrale Habib Bourghiba con al centro una grande rambla. Il taxista si rifiuta di portarci in centro perché siamo già in centro, fa caldo e il traffico è bloccato (effettivamente c’è una grande quantità di auto più o meno ferme e una enorme quantità di vigili che fischiano e si sbracciano a fermare questo e quello). Non come al Cairo, ma quasi. Andiamo in una libreria a comprare una guida. Chiediamo il Routard ma l’addetto ci sussurra che non ce l’hanno perché è proibito. Non capiamo perché. Supponiamo abbia fatto una ricostruzione storica della decolonizzazione che non è piaciuta. È ormai ora di pranzo. Su consiglio della libraia (une prof de français, ci tiene a dire) andiamo da “Chez Slah” (che vuol dire Saladino) in Via De Coubertin. Mangiamo bene (calamari, pesce spada insalate, tutto uguale sempre diverso). Il cameriere ci parla in italiano ma dice che l’ha imparato dalla tv e non è mai stato in Italia.

Fa molto caldo: 38 gradi. Prendiamo un taxi per andare alla medina che ci fa fare un giro pazzesco: 14 dinari. Attraversiamo la medina e il suk. Avremmo potuto anche venire qui a mangiare su piccoli tavolini che ogni tanto ci sono. Entriamo in un locale tradizionale con un gradone a stuoie su cui sono sedute molte persone senza scarpe. Siamo entrati alla ricerca di un WC. Mia moglie è entrato in quello per maschi ed è stata cacciata. Quello misto non è in condizioni praticabili per cui ci sdraiamo anche noi sulle stuoie e prendiamo il tè (alla menta coi pinoli troppo dolce).

Eileen, malgrado gli avvertimenti e le promesse, entra in quasi tutti i negozietti. Cerca di contrattare i prezzi con risultati discutibili. Compriamo una camicia da regalare e un paio di espadrilles per Freddy (perché ci attendono degli appuntamenti in cui bisognerà essere vestiti decentemente).

Usciamo finalmente dal suk (molto più turistico dei suk di Damasco e Aleppo e dei negozi di Algeri): molti orefici, molte borse di pelle e pantofole, molti cammellini di pelle e moltissimi tamburi. In un angolo vediamo un gruppo di persone che stanno costruendo i fiori di gelsomino che vengono venduti ovunque.
All’uscita dal suk entriamo in un grande magazzino tranquillizzante: decidiamo di comprare 6 nuovi cuscini e buttare quelli vecchi e ingialliti che abbiamo a bordo. Con i cuscini e i sacchetti in mano non abbiamo più l’aria dei turisti cui appioppare qualsiasi cosa.
Decidiamo per un taxi fino alla stazione. Questa volta è il tassista a proporci di portarci fino a Sidi Bou Said per 9 dinari. Accettiamo subito. Gli chiediamo come mai la mattina un suoi collega si è rifiutato di portarci a Tunisi. Ci risponde che probabilmente è uno che abita in periferia e teme il traffico del centro. Per chi conosce il traffico di Roma, Napoli e Palermo non è molto comprensibile. In un quarto d’ora siamo di nuovo al marina dopo aver attraversato quartieri residenziali pieni di verde e di costruzioni lussuose (tra cui la Residenza del Presidente, vicino a Cartagine, la moschea presidenziale e una grande cattedrale su un colle).

Il richiamo al passato storico di Cartagine è più forte e frequente del previsto (una stazione del treno è intestata a Cartage Amilcare, un’altra a Hannibal). Gli chiediamo se ci porterebbe a Bizerte in taxi ma ci risponde che c’est interdit. Per viaggi fuori città ci sono taxi speciali. Il taxista in una rotatoria sbaglia ed entra contro mano: subito un vigile lo ferma, discussione e verifica dei documenti ma alla fine ci lasciano andare. Diamo 10 dinari al taxista, mancia compresa. Ci è costato meno delle espadrilles di Freddy dopo la estenuante trattativa sul prezzo. E meno del taxista di Tunisi.

Il maestrale rinfresca l’aria per cui rinunciamo all’aria condizionata dell’albergo. La doccia sul quai è altrettanto confortevole.

Mangiamo due pizze e due crêpes al bar. Non hanno alcolici. Io chiedo il permesso di bere la birra che mi sono portato dalla barca ma il cameriere mi dice che c’est interdit…
Due partite di scopone (coppie tradizionali maschi contro femmine) ma questa volta io e Freddy perdiamo la prima. Poi in branda. Domani arriva Gabriella da Milano.

Giovedì, 6 agosto.
Gabriella arriva puntuale (malgrado il passaporto scaduto). Bagno col tender, pranzo al Pirata. Serata su al paesino tra bar e ristoranti. Il Cafè des dèlices, a terrazze sul fianco della collina che guarda il mare, lo è di nome e di fatto.

Domani vorremmo fare un salto a Bizerte. Tempo permettendo.

Viaggio per Sidi Bou Said



A Kelibia siamo riusciti a pagare in capitaneria dopo molte insistenze. Volevano che pagassimo la mattina alle 6 prima di partire ma l'idea di svegliarmi e di aspettare che arrivassero i funzionari non mi piaceva. hanno dovuto telefonare a uno che evidentemente era a casa per venire a incassare il corrispettivo di 6 euro. È arrivato col motorino e due bambini piccoli. Con altrettanta insistenza abbiamo chiesto di non dover andare alla polizia perché c'eravamo già stati: hanno fatto un'eccezione. La sera, si è ormeggiata una barca italiana accanto a noi: un Comet di circa 11 metri. Hanno montato un bompresso su cui attaccano un gennaker. Ci parlano delle delizie e dei vantaggi del gennaker. Hanno un Routard della Tunisia dal quale copiamo qualche informazione. Loro andranno verso Sud. Ci accordiamo di bussare sulla tuga al momento della partenza in modo che si mettano al nostro posto.

Partiamo alle 6 ora locale (le sette italiane). Bussiamo sulla barca vicina e sfiliamo fuori. Secondo il Meteomar dovrebbe esserci un vento da Sud Ovest come il giorno prima, ma non c'è. C'è solo un'onda vecchia. Procediamo a motore fino a Cap Bon dove arriviamo alle 9.15. siamo più lenti del solito, forse per una corrente contro. Il mare è calmo. Mi sembra impossibile che dopo le alture di Cap Bon non ci sia maestrale. C'è una brezza da NE che non ci permette di issare il fiocco. Alziamo comunque la randa e proseguiamo più velocemente di prima a motore. Mandiamo un messaggio Spot che viene ricevuto a Francoforte e anche a Trebisonda da un altro amico che in viaggio verso l'Armenia. Il nostro messaggio dice: Qui Donna Rosa tutto bene, questa è la nostra posizione. Da Fabio riceviamo: Qui Trebisonda, tutto bene, ma non so la mia posizione.

Durante il viaggio vediamo in lontananza gabbiani che girano intorno a uno specchio di mare piccolo e pesci grossi che saltano al centro. Forse ci sono banchi di sardine e tonni che se le mangiano. Le isole di fronte al capo sembrano belle: peccato non ci siano porti. Procediamo verso Sidi Bou Said. Mangiamo ancora una volta pomodori peperoni cetrioli e tonno, ma nessuno si lamenta. La brezza da NE ci tiene fresco mentre procediamo verso W. Il vento rafforza. Ce ne accorgiamo quando verso le 3 mettiamo la prora contro vento per abbassare la randa essendo ormai davanti a Sidi Bou Said. L'entrata in porto non è facile: bisogna puntare a Nord su un hotel cospicuo fino a che si vede il lato interno del molo e poi virare per 68 gradi per evitare i banchi di sabbia davanti all'imboccatura. Nella baia ci sono ancorate molte barche a vela grandi (inglesi, spagnole e italiane). Noi entriamo in porto speranzosi. Appena all'ingresso ci dicono di procedere e ci trovano un posto: siamo fortunati perché la barca è piccola, ci dicono. (!!!).

L'ormeggiatore urla molto e fa poco. Dà ordini al mio equipaggio che, come succede di solito, tende a eseguirli. Io urlo a mia volta che non gli debbono dare retta. L'entrata è difficoltosa per via delle raffiche che traversano la barca, ma soprattutto perché l'ormeggiatore non prende e non fissa le cime. Alla fine ci ormeggiamo. Acqua e corrente elettrica in banchina.

Prima ancora che abbia spento il motore arrivano due ragazzi e ci chiedono gentilmente di sottoporci a un test del Ministero della salute: qualche domanda e un termometro istantaneo appoggiato sulla fronte a tutti. Le temperature sono basse (malgrado il caldo) e tutto va bene. In realtà è un test contro lì ingresso di persone contagiate dall'influenza .

Il porto è stipato: ci spiegano che i tunisini tengono preferibilmente qui le loro barche. Dopo molta insistenza la capitaneria ci dice che per qualche giorno possiamo restare. L'ufficio di polizia ci ritira i documenti della barca: quando partire li venite a prendere.

Abbiamo fatto 60 miglia in dieci ore: non male!

Dopo una meritata doccia saliamo in paese. C'è molta gente che aspetta i taxi dalla spiaggia. Bisogna camminare e essere un po' maleducati e sbracciarsi prima degli altri.

Il taxi ci porta su in paese per 1.5 dinari (praticamente meno di un euro).

Andiamo a prendere qualcosa al famoso Caffè des nattes.


Spremute fresche d'arancia e io un tè con i pinoli. Al caffè non c'è né vino né birra. Il paese è molto pittoresco (tutto bianco con le persiane e le porte azzurre) e molto turistico: vent'anni fa doveva essere bellissimo. Ci vendono dei bouquet fatti di piccoli fiori profumati. Bisogna comprarne almeno uno per evitare la fila dei venditori.

Andiamo a prenotare una stanza per mercoledì sera in un albergo vicino, perché mia moglie dice che dobbiamo tornare almeno una notte a vivere da persone civili: che per lei significa dormire con l'aria condizionata tra le lenzuola fresche.

Andiamo a cena in un ristorante indicato dal Routard (Au beau vieux temp), ma sbagliamo mossa: è un ristorante molto alla francese in cui comunque si mangia benino: cous cous alla cernia ottimo.

Tentiamo di scendere a piedi (c'è una scalinata da qualche parte) ma non la troviamo. Prendiamo un taxi: il conduttore si rifiuta, non capiamo perché di riportarci giù. Ne fermiamo un altro con l'aiuto di un terzo taxista: questo pretende 10 dinari per la discesa dicendo che è la tariffa serale. Accettiamo anche se ci sembra una cosa da pazzi che scendere costi quasi dieci volte più che salire (sono comunque sempre 5 euro).

Una partita a scopone che vinciamo io e Freddy, come al solito e poi ce ne andiamo a dormire: vraiment très fatigués...

Domenica 2 agosto


Visita a Kerquane, una città punica distrutta dai romani durante la prima guerra contro Cartagine e mai più abitata. L'hanno scoperta nel 1952. è sul mare, ben conservata e cinta da doppie mura.

Si vedono le piante delle insulae, i pozzi e persino le vasche da bagno domestiche. Molto caldo ma ben ventilato da SE. Dopo la visita andiamo a pranzo all'Hotel Mamounia con terrazzo sul mare. Le nebbie della vigilia sembrano dissipate.

Nel pomeriggio io e Freddy decidiamo di salire al forte di Kelibia a piedi. Passeggiata di mezz'ora ma la vista vale la pena. Colline ondulate verso l'interno e il mare a Sud e Nw del promontorio.

Si cena sulla terrazza del ristorante Vieux Port vicino al porto: un buon san pietro ai ferri. Non economico. Si gioca a scopone scientifico.

Decidiamo di partire per sidi Bou Said martedì alle 6.

Pratiche di entrata


Ore 16. In porto a Kelibia, ormeggiati in quarta fila, sale prima un funzionario di polizia che compila alcuni piccoli visti e vuole sapere il mestiere di ciascuno (compreso i bambini che vengono registrati come studenti) e ritira i passaporti. Poi due della dogana che compilano una serie molto lunga di documenti con notizie sulla barca, sull'equipaggio, sugli apparecchi elettronici fissi e portatili, sugli alcoolici, sulle sigarette, ecc. gli offriamo succo d'arancia. nemmeno in Turchia 10 anni fa avevo avuto una visita a bordo con apertura dei gavoni. Per fortuna sono molto gentili. Avrebbero gradito del caffè lavazza, ma non ne abbiamo (ho solo del caffè solubile che il doganiere con disprezzo mi dice esserci anche in Tunisia). Ci restituiscono i passaporti. Più tardi passerà la Capitaneria di porto. Ci facciamo una doccia sul molo. Un ragazzo tunisino con un basco nero e la barbetta rada che aiuta negli ormeggi mi avvicina e mi chiede se capisco il francese. Io rispondo di sì e lui mi sussurra che "il faut respecter la religion" e che mia nipote dovrebbe mettersi qualcosa sopra il bikini."Mi chiamo Che Guevara, aggiunge, "e sono amico di tutti ma vi ho voluto dare un consiglio". Lo ringrazio e andiamo a vestirci. Una signora francese in serata ci spiega che i tunisini sono molto gentili "mais n'aiment pas les cuisse à l'aire..."

In serata andiamo in città. Aspettiamo a lungo un taxi sulla strada principale fuori dal porto. Il tassista ci porta a cambiare denaro da un amico che vende elettrodomestici (93 dinar per 50 Euro, non sappiamo se sia un buon cambio). Per verificare il cambio ufficiale provo a prelevare con la Visa ma sbaglio il codice e la banca me la trattiene (tonner de Brest!). Il tassista ci consiglia una trattoriola in cui stanno cuocendo polli allo spiedo, ma non ci convince. Visitiamo un mercato della frutta ancora aperto. Moltissima gente per strada: è sabato sera. Ragazze con velo, ragazze senza velo, ragazze piuttosto scollacciate mescolate fra loro. Ci indicano un altro ristorante: "la pension Anis". Intanto facciamo un giro per la vecchia medina. L'atmosfera è, ovviamente, da città araba: nella medina ci sono caffè strapieni di uomini che fumano il narghilè. Moltissimi motorini con una cassetta di plastica attaccata sul portapacchi: a bordo una, due, tre persone, anche un bambino piccolo nella cassetta. Quest'atmosfera esotica e délabrée che a noi incuriosisce, deprime i nipotini di Francoforte. Al ristorante (dove si mangia bene) hanno gli occhi lucidi. Per rincuorarli telefoniamo al padre, commettendo un errore imperdonabile. A sentire la sua voce gli occhi lucidi si trasformano in singhiozzi irrefrenabili. Ci consoliamo pensando che è successo così anche a Catania all'inizio di un altro viaggio qualche anno fa. Alla fine della cena aspettiamo inutilmente un taxi chiamato al telefono. Ne fermiamo uno per strada. Torniamo in porto. Gli animi si sono già ripresi (forse per l'effetto della puzza di pesce). Dormiamo bene.

Scuse tunisine

Ci scusiamo con i lettori ma Donna Rosa dalla Tunisia non riesce a connettersi a Internet. Appena ripristinato il collegamento riprenderà il blog.

Verso la Tunisia


Sabato 1 agosto. Dopo aver fatto colazione e salutato mia figlia Giulia che rientra a Bologna in aereo, siamo partiti alle 8.20 per Kelibia in Tunisia. Fuori dal porto di Pantelleria c’era un po’ di onda da NW ma poco vento. Abbiamo proceduto con motore e randa per equilibraci scendendo più a Sud della rotta diretta, per non avere il mare contro. Il navigatore ci ha fatto capire in breve che c’era corrente verso Sud. Avremmo recuperato in seguito. Ora prevista d’arrivo 14.30.
Alle 10.30 mangio gallette con olive e mozzarella vecchia.
Alle 11 abbiamo visto una testuggine che galleggiava pigramente sulle onde.
Inviato un messaggio di Spot alle 11.30.
Freddy avvista Capo Bon molto lontano ma alto sull’orizzonte. Pantelleria è ancora ben visibile alle nostre spalle, con la montagna grande circondata di nubi.
Alle 12 avvistiamo dei delfini lontani che proseguono per la loro strada senza curarsi di noi. La costa tunisina diventa ben visibile da Capo Bon al piccolo colle di Kelibia su cui sorge la fortezza.
Incrociamo diversi pescherecci tra cui uno completamente verde con scritta in arabo.
Alle 12 30 cala il vento. Si alza una piccola brezza di mare che si muove nella nostra direzione: a bordo un caldo terrificante. Il termometro misura 35.5 in navigazione.
Facciamo colazione con pomodori, peperoni e cetrioli. Buttiamo una intera ricotta andata a male. Nessuno ha molta fame. Cerchiamo di stare tutti all’ombra della randa.
Alle 14.30 entriamo nel porto di Kelibia.

Lo specchio di Venere



Ieri giornata di terra (in tutti i sensi). Siamo andati con un’auto a nolo al lago lo specchio di venere a fare i bagni d’acqua calda e sulfurea e a cospargerci di fango scuro. Una volta asciugati eravamo bianchi come Papua. Appena imparo metto qualche foto.

Nel pomeriggio abbiamo visitato le cantine dell’azienda Donna Fugata, fatto assaggi (gratis) e comprato una bottiglia di passito che sa di miele, pesche, fichi secchi, ecc.

La sera cena alla Nicchia con ravioli di ricotta e menta e baci panteschi.

Oggi venerdì 31, spese in preparazione della traversata sulla tunisia, pieno d’acqua in banchina con canna, bagno il pomeriggio a Scauri, davanti al ristorante la Vela. Questa sera cena in Barca.

Domani, tempo permettendo, traversata su Kelibia (Cap Bon). 40 miglia per 270.

Il Meteo (AM) è favorevole.

la traversata verso Pantelleria


Ci siamo svegliati alle 4 io e mia figlia. Alle 4.30 abbiamo lasciato Marettimo a motore. Non c’era luna, non si vedeva nulla. Assenza di vento. Ci siamo messi in rotta verso Pantelleria. Il plotter Geonav ha detto che saremmo arrivati a Pantelleria alle 15.30 (come poi è stato). Alle 5 comincia a intravedersi una prima luce a Est. Issiamo la randa anche se non c’è vento. Mia figlia torna a dormire. Abbiamo una leggera brezza da poppa. C’è caldo, malgrado l’ora.

Si alza Eileen e viene a leggere in pozzetto.

Alle 7 avvistiamo due delfini: grandi, scuri, che nuotano molto vicini ma non vengono a vedere la barca come fanno di solito quelli color argento. In giro ci sono almeno 6 pescherecci al lavoro.

Alle 8 avvistiamo altri 2 delfini. La brezza da Nord è cessata, c’è onda bassa da SW. Siamo molto veloci per le nostre abitudini (6.7 nodi). Il Geonav ci dà in arrivo per le 15.

Ascolto il Meteo delle 6 UTC dell’AM: Stretto di Sicilia, SW 3, in rotazione a NW, mare poco mosso. Riesco a issare il fiocco e tenerlo ventato anche con un po’ di motore. Manteniamo una media sopra i 6 nodi anche con un po’ di onda e di brezza a 45 gradi dalla nostra rotta. Arrivano spruzzi e debbo chiudere gli osteriggi. Alle 9 lanciamo un messaggio di ok da Spot. Procediamo con la stessa andatura per qualche ora. Si svegliano i bambini (10 e 13 anni). Mangiamo qualcosa. Alle 11 mi metto un po’ a dormire con il vento che effettivamente ruota verso W. Posso riaprire gli osteriggi. Alle 12 lanciamo un nuovo messaggio Spot che dice: “Qui Donna Rosa, tutto bene, siamo alla latitudine xxx e alla longitudine yyy. Se vuoi vederci clicca su google maps. Mio cognato li riceverà da Francoforte e potrà vedere dove siamo. Se avessimo voluto, Spot avrebbe mandato automaticamente un messaggio ogni 10 minuti, ma non mi pareva necessario.

Ci sono nuvole (come di un piccolo fronte caldo) all’orizzonte. Poco dopo il cielo si copre e per noi è una fortuna. I ragazzi giocano stando in coperta senza rischiare l’insolazione. Pranziamo con insalata di pomodori peperoni e tonno e molta frutta. Il vento è ruotato a NW e ci spinge verso Pantelleria. Si dondola molto (con qualche problema di tenuta del più piccolo), ma non ci si spruzza più. Si mettono tutti a leggere e dormicchiare. C’è un gran traffico di porta containers. Ci passa vicino una nave che trasporta pale per centrali eoliche, diretta a Trapani, sembrerebbe. Le pale viste da vicino sono gigantesche.

Il vento cala e la visibilità è mediocre.

Verso le 14 avvertiamo la vicinanza a una costa (paradossalmente) dal fatto che torna il segnale della rete dei cellulari, perché all’orizzonte non si vede niente. Pantelleria compare di fronte a noi già alta quando siamo a 5 miglia dal porto. Alle 15 togliamo le vele e ci prepariamo all’ormeggio.

Abbiamo un numero di telefono che ci ha dato il cantiere Miceli di Tp. Chiamiamo e un signore (gentilissimo) viene al porto vecchio a indicarci un ormeggio. Mia figlia cala l’ancora alle 15.30 (non c’è corpo morto) accanto a un catamarano tunisino. Ormeggiamo di poppa alla banchina pubblica.


C’è un tubo per l’acqua, per fortuna e niente altro. Non ci sono strutture private di accoglienza ci dice il signore.

Ci laviamo con gioia. Ci riposiamo.

Fittiamo una panda e andiamo a cena sul mare a Scario (alla Vela). Un posto veramente magnifico sia per i bagni che per cenare.


Mangiamo bene, alla pantesca (l’aggettivo da Pantelleria). Alle 10.30 siamo di nuovo in cuccetta.

un incontro fortuito e piacevole


Siamo partiti a motore per Marettimo per assenza di vento. A mezzogiorno circa abbiamo fatto il bagno vicino alla grotta del cammello (ancorati in 10 metri d’acqua a 10 metri dalla parete di roccia). L’acqua era persino calda (e pulitissima). Abbiamo mangiato insalata di pomodori peperoni e tonno. Un altro bagno con visita delle grotte in una giornata caldissima e senza vento. Un sonnellino. Al risveglio abbiamo visto, ancorata in rada, un’altra barca con il nome “Donna Rosa” come la nostra: un granbd soleil ‘41. Un tender si è staccato ed è arrivato sotto bordo. Un ragazzo simpatico con moglie e due bambini piccoli ci ha detto che era il figlio dell’avvocato da cui ho comprato il mio grand soleil nell’86 e che lui ci era stato su da bambino con i genitori. Donna Rosa è sua madre ed è il nome che il padre ha dato a tutte le sue barche. Ci ha spiegato dove dormivano lui e i suoi fratelli e ha riconosciuto alcune decalcomanie con il nominativo internazionale che aveva fatto lui più di 20 anni fa. Ci ha detto che dovrebbe esserci un’altra “Donna Rosa” che naviga il mediterraneo, la sua seconda barca: un grand soleil ‘39. Ci siamo salutati e scambiati gli indirizzi e i telefoni.

lunedì 28, nuovo equipaggio


Ora sono arrivati mia moglie, mia figlia e i due nipoti che vengono ogni anno con noi in barca.

La mattina di lunedì 28 abbiamo aggiustato l’argano che andava solo nella funzione “cala” e non era molto utile.


A mezzogiorno siamo partiti a vela per Levanzo: 10 nodi da NE. Abbiamo ormeggiato all’ancora in rada davanti al paese (in mezzo a molte barche) in 7 metri d’acqua molto pulita. Scesi col tender abbiamo cenato in un ristorante con terrazza. Da Levanzo abbiamo mandato un messaggio con il nostro nuovo Spot al padre dei ragazzi che sta a Francoforte: il messaggio prescritto sul sito di spot dice “Qui Donna Rosa: tutto bene” poi segue la latitudine e la longitudine del posto in cui eravamo e un link di Google Maps che mostra il luogo esatto in cui siamo. Mio cognato ha mandato un sms di messaggio ricevuto dopo pochi minuti.

Finalmente le Egadi


Sono arrivato mercoledì mattina al Cantiere Miceli di Trapani dove l’ottimo Bernardo aveva già preparato il motore e caricato le batterie. Abbiamo passato un giorno a montare i nuovi strumenti a bordo (un Gps plotter della Geonav con annesso ecoscandaglio che mi è stato regalato dai colleghi di giunta) e far funzionare quelli che non andavano.

La sera sono arrivati anche Fabio e Maria teresa che hanno accettato di tenermi compagnia i primi giorni. Giovedì siamo andati (a motore) in una baia di Levanzo dove abbiamo dormito. Venerdì mattina eravamo ancora a Trapani per gli ultimi ritocchi. Venerdì pomeriggio abbiamo fatto una bella veleggiata fino a Marettimo dove abbiamo passato una notte quasi insonni. Dalle montagne vicino al castello di Troia dove eravamo all’ancora è sceso un vento forte e soprattutto rovente verso le 3 di notte che ci ha fatto spedare l’ancora e inquietare lo spirito. Abbiamo di nuovo dato fondo vicino alla grotta del cammello, ma l’ancora non voleva saperne di stare ferma. In mattinata bagni (con qualche medusa) e poi una bella veleggiata fino alla costa sud di Favignana. All’ancora in mezzo a molte barche in una baia piena di isolotti. Doccia con mezzi propri.

Dal monte di Favignana scendevano raffiche forti. La sera siamo ripartiti verso il paese costeggiando l’isola a Est.

In porto, come sempre, poco pochi posti e qualche ormeggiatore che urlava più del necessario.

Passeggiando per il paese pienissimo di gente abbiamo trovato due amici ferraresi.

Cenato bene da “Quel che c’è, c’è”. La mattina dopo ripartiti per Levanzo. Bagni (con qualche medusa) e poi una veleggiata con vento 12 nodi da NW. Arrivati a Trapani con un solo bordo.

Abbiamo cenato al festival del cibo di strada alla vecchia pescheria e ammirato la bella passeggiata a mare costruita sul lato nord della città.

Alle 23 è arrivato il nuovo equipaggio. La mattina dopo Fabio e MT sono partiti per altre vacanze.